Castrignano del Capo

CASTRIGNANO DEL CAPO : PIETRO AI CONFINI DELLA TERRA…

 

  • Santa Maria di Leuca
  • Giuliano di Lecce
  • Salignano

  • Siamo a Catrignano del Capo, presso il Capo di Santa Maria di Leuca, antico Capo Japigio, fulcro della navigazione dal Mare Adriatico allo Jonio, collegato via terra ai porti di Taranto ed Otranto grazie al passaggio della Via Sallentina in prossmità di Vereto. Per i greci era Leucos, la bianca terra rischiarata dal sole… per i romani era “De Finibus Terrae”, cioè “ai confini della terra”, limite tra Roma e le provincie dell’Impero.
    Qui un’antica fonte recita “Pietro, giunto da Gerusalemme, incontrò la popolazione locale”.La tradizione narra che Pietro, giunto dall’Oriente ed approdato nel 43 d.C. presso l’antico Capo Japigio per recarsi a Roma, abbia qui trovato un tempio pagano dedicato a Minerva e, dopo aver evangelizzato le genti del luogo, avrebbe convertito al cristianesimo l’antico tempio pagano. Sorse, così, un santuario dedicato alla Madre di Cristo, proprio nel punto estremo dove la terra finiva in mare: la  Basilica Santuario Santa Maria De Finibus Terrae.
    All'interno della chiesa  infatti, sul lato destro dell'ingresso, si conserva la cosiddetta  "Ara di Minerva”,  un grosso blocco in pietra con un incavo per le offerte alla dea , con epigrafe in latino, testimonianza del precedente culto pagano nel luogo e della sua leggenda petrina. L’epigrafe recita:

    VEI OLIM MINERVA SACRI
    FICIA OFFEREBANTUR
    HODIE OBLATIONES DEIPARA
    RECIPUNTUR

     


    La tradizione considera, quindi, il santuario di Leuca tra i primi luoghi di culto dedicati alla Madonna. Al centro del grande piazzale del Santuario si erge la possente colonna corinzia, il cui capitello è sormontato dalla statua della Vergine Maria, mentre alcuni stemmi ornano l’alto basamento della colonna.
    Il santuario sarebbe poi divenuto uno dei principali centri di pellegrinaggio dell'età antica e medievale. Si narra che S. Pietro pretenda, come lasciapassare per il Regno dei Cieli, proprio la visita al Santuario Mariano di «Finibus Terrae», almeno una volta nella vita. Solo così egli avrebbe aperto le porte del Paradiso di cui Cristo lo aveva reso possessore delle chiavi a coloro che terminavano la vita terrena. Perchè chi non avesse compiuto in vita il pellegrinaggio, avrebbe condannato il proprio spirito a farlo dopo il trapasso. La leggenda narra, difatti, che le anime dei defunti vaghino di notte intorno al santuario, vestite di nero o con l’abito che indossavano nella loro ultima ora di vita terrena.
    Il portone in bronzo del Santuario immette in un vestibolo, una sorta di nartece sulla cui facciata una serie di lapidi/epigrafi ricostruiscono la storia del santuario, a partire già dal 343, quando Papa Giulio I fece consacrare il santuario mariano, forse distrutto precedentemente. La devozione dei fedeli verso la Madonna di Leuca ha, infatti,  origine antica: si parla di un grande miracolo che avrebbe salvato i pescatori da una burrasca nell’anno del Signore 365 . Il Santuario ha subito numerose distruzioni nella sua storia, a partire dalle persecuzioni di Diocleziano fino alla furia saracena dei Turchi; è stato ricostruito sempre seguendo più o meno gli stessi muri perimetrali. Le distruzioni portarono alla perdita della originaria icona mariana, dalla tradizione attribuita a San Luca.
    Agli inizi del  XVI secolo i Del Balzo fecero ricostruire il Santuario, arricchendolo di una nuova  icona della Madonna con il Bambino, opera di un discepolo del Tiziano, Giacomo Palma Junior.
    L'attuale struttura fortificata della Chiesa della Madonna di Leuca venne ricostruita nella prima metà del XVIII secolo da monsignor Giovanni Giannelli,  per resistere ai temuti attacchi infedeli della pirateria turca.  Egli utilizzò i muri perimetrali della chiesa precedente e, per evitare ulteriori distruzioni da parte dei Saraceni invasori, il Vescovo  fece mascherare il Santuario da abitazione civile, facendone quasi una fortezza a due piani sopraelevati. Della  chiesa precedente rimane solo il portale interno del 1500; le modifiche subite dal Santuario negli unltimi due secoli hanno in parte, così, cancellato l’aspetto di fortezza settecentesca con cui era stato ricostruito. Di tale aspetto si nota ancora, però, una caditoia proprio sopra al portone centrale, anche se mascherata e ingentilita da uno stemma.
    All’interno, percorrendo il fianco destro dell’aula, il secondo altare è dedicato a San Pietro, con un quadro del 1885 del pittore Pietro De Simone da Lecce, raffigurante Pietro su uno sfondo con il mare ed un tempio, che impugna una croce a mo’ di pastorale, mentre un angelo seduto per terra sui resti di un capitello e di una colonna regge i simboli petrini della tiara e delle chiavi. Il soggetto del dipinto si fonda, dunque, sulla tradizione petrina di Leuca, con la consacrazione a Dio dell’antico tempio di Minerva da parte di Pietro, dove la colonna spezzata in terra rappresenta la simbolica sottomissione del paganesimo al vero Dio e alla sua Chiesa.
    Lo stemma del Vescovo Giannelli campeggia ai piedi dello splendido pulpito scolpito in pietra leccese, al centro del santuario, accanto all’altare di San Pietro. Il pulpito, pregevole opera d’arte barocca, è scolpito con tre scene legate a San Pietro e a Maria: sul pannello centrale vi è raffigurato la predicazione di San Pietro  al tempio di Minerva che  fa cadere il culto degli idoli pagani; sul lato di destra i battesimi operati dallo  stesso San Pietro; su quello di sinistra è raffigurata la scena dell’Annunciazione. Dal 7 ottobre 1990 il santuario è stato eletto a basilica minore.

     

    Restando nel territorio di Castrignano, nella frazione di Giuliano di Lecce, si trova un piccolo gioiello altomedievale, la Chiesa di San Pietro a Giuliano, ubicata a poche centinaia di metri a Nord Ovest dell’abitato.  La Chiesa sarebbe sorta per ricordare il passaggio dell’Apostolo dal Capo di Leuca, addirittura, secondo la tradizione, già all’epoca di tale avvenimento. Secondo la leggenda,  San Pietro avrebbe qui  riportato in vita un defunto, da cui la decisione della comunità di erigere una chiesa in suo onore. In realtà, si tratta di una chiesa risalente al X secolo, sorta forse su un precedente impianto, legata alla presenza basiliana e benedettina. La chiesetta si trovava lungo la via dei pellegrinaggi verso Santa Maria di Leuca, di cui era una tappa intermedia, come testimoniano le croci incise dai pellegrini sulle pareti dell’edificio. Le sue murature, in analogia con le Centopietre e la Chiesa di San Giovanni a Patù, sono in parte realizzate con massi isodomici provenienti dall'antica città messapica di Vereto. Da notare, infatti, i reimpieghi, come ad esempio un fregio dorico con un cranio di bue, testimonianza forse  di culti e sacrifici pagani precedenti. L’edificio, a navata unica, è ormai privo di copertura, ed è protetta dall’alto  da una struttura moderna; sui muri, qualche residuo di affresco, mentre all’esterno sono state rinvenute diverse sepolture e un pozzetto battesimale del rito bizantino. Una canaletta percorre esternamente tutto il pereimetro dell’abside, probabilmente per convogliare l’acqua dei pluviali dell’antico tetto all’interno della cisterna. La canaletta sembra aver intercettato una delle tombe visibili all’esterno della chiesa. Sempre la leggenda narra che la Chiesa sarebbe sorta nei pressi di un pozzo dove l’apostolo si sarebbe dissetato, il cosiddetto pozzo di San Pietro. Il pozzo si trova a qualche decina di metri dalla Chiesa, sotto una pineta,  coperto da una grata e chiuso in una piccola recinzione in ferro. Si tratta di una cavità circolare protetta in superficie da due grandi lastroni in pietra disposti tra loro parallelamente, forse in origine in numero di quattro, in modo da formare il parapetto intorno al pozzo.

     

    A circa 2 Km a Nord del Santuario di Santa Maria di Leuca, a Salignano, altra frazione di Castrignano del Capo, si trova invece la Cripta-Grotta di San Pietro  (Strada Vicinale contrada Crimino). Secondo la leggenda, Pietro,  dopo essere approdatto a Leuca e cristianizzato il tempio pagano, trovò riparo e rifugio dalle persecuzioni romane in una grotta rupestre. Sembrerebbe trattarsi di una tipica cripta basiliana, ora non più accessibile a causa dell’innalzamento del piano terrazzato su cui si apre l’ingresso alla grotta, che ha invaso quasi del tutto lo spazio in elevato dell’interno.  Per accedere rimane solo uno stretto passaggio nella roccia, che conduce ad  un corridoio, con un ambiente circolare forse destinato al culto ed un altro probabilmente adibito a dormitorio. L’antro di accesso è, inoltre, in parte ostruito da un albero di fico dal robusto tronco. L’utilizzo abitativo è confermato dalla presenza, all’esterno, di canali per la raccolta dell’acqua piovana, ovvero canalette di adduzione idrica verticali,  e dai resti di piccole cisterne interrate, ovvero cavità circolari che si aprono nella roccia. A monte della grotta si notano, inoltre, alcune tombe tagliate nella roccia, di probabile età medievale.
    La grotta si trova nelle immediate vicinanze della Chiesa della Madonna delle Rasce, denominazione popolare legata alla presenza nel luogo di rovi (le scarasce, o rasce), un piccolo tempio dedicato alla Madonna delle Grazie, edificato per una grazia ricevuta. La storia della riscoperta della grotta petrina si allaccia, infatti, con quella della chiesa; secondo la tradizione, la Madonna di Leuca apparve in sogno ad una donna che chiedeva una grazia. La Vergine le indicò una grotta nella quale fu rinvenuta un’icona mariana, per custodire la quale sarebbe sorta nel 1679 la chiesa della Madonna delle Rasce nei dintorni della stessa  grotta. L’edificio è composto da un unico ambiente con volta a stella, arricchita da mascheroni sotto i capitelli d’imposta della volta.